IL   SITO  ARCHEOLOGICO  DI  CORIGLIA 

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IN APERTURA TAVOLA PEUTINGERIANA  ITALIA CENTRALE  CON  FIUME  PAGLIA. DATI BIBLIOTHECA AUGUSTANA PARS V

Il Sito Archeologico di Coriglia deriva dall'antico nome "Goriglia" con cui è indicato infatti fin dal 1883 nella Cartografia dell'Istituto Geografico Militare "IGM" per poi acquisire il nome attuale di Coriglia con il significato di "Piccole Gore" per la Raccolta Idrica.

Collocato presso Monterubiaglio, frazione del Comune di Castel Viscardo, è stato scavato dalla Soprintendenza per la prima volta agli inizi degli anni novanta. E’ stato poi grazie all’intervento del Comune di Castel Viscardo se l’attività di Scavo si è fortificata chiedendo la concessione allo Scavo in sinergia con la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, gli studenti del “Saint Anselm College” e l’Institute of Mediterranean Archaeology”.

Importante è sottolineare come questo Sito sia sempre stato Scavato, fin dal 2006 ad oggi escudendo solamente quindi gli anni di Pandemia.

Il Sito di Coriglia è caratterizzato da una frequentazione dal settimo secolo avanti cristo fino all’età medievale senza interruzioni. Un continuo temporale che coinvolge oltre duemiladuecento anni di storia.

Ciò che ha sempre condizionato le modalità e le finalità di frequentazione antropica è stata la presenza dell’Acqua.

Proprio tenendo bene a mente ciò, è utile specificare che il Sito di Coriglia dista poche centinaia di metri da una Fonte di Acqua Sulfurea, che proprio in Località Monterubiaglio è stata sfruttata con l’insorgere di un annesso Impianto Termale sorto negli anni sessanta “Fonti di Tiberio”, oggi dismesso e abbandonato.

Il Sito di Coriglia durante l’Epoca Romana era attraversato da due Arterie Consolari importantissime ovvero la Via Traiana Nova e la via Cassia.

E’ possibile notare come le Preesistenze Etrusche risultino piuttosto fragili in quanto sopraffatte dalle costruzioni romane che sono state appunto ad esse sovrapposte.

Nel Periodo Etrusco si pensa che questo Sito possa aver funzionato con finalità religiose, un santuario all’aperto, un luogo religioso forse connesso proprio con divinità collegate all’Acqua.

Numerosi sono i ritrovamenti di ceramiche che ci fanno da fossile guida dal settimo secolo fino ad età ellenistica ma ciò che è importante per risalire agli Etruschi sono gli ex voto fittili in terracotta come fuseruole, pesi da telaio, elementi femminili dell’attività sartoriale della tessitura e della filatura che vengono dedicati alle divinità.

Ma abbiamo anche ex voto in bronzo come una testina femminile accuratamente acconciata che è divenuta il simbolo iconico di questo Sito.

Per quanto riguarda l’Epoca Etrusca sono stati ritrovati due elementi fondamentali. Una fondazione di una muratura a secco, senza ovviamente l’aggiunta di calcestruzo ancora da questi non conosciuto e che i Romani non hanno modificato fortunatamente ma soprattutto un grande dolio con la bocca infissa nel terreno. Elemento questo che indica le libagioni alle divinità ctonie del sottosuolo legate all’acqua e che fa pensare che esistesse un culto rurale.

Attualmente le visibilità maggiori delle strutture rimaste ovviamente sono quelle di Epoca Romana.

I Romani intervengono nel sito fin dall’epoca repubblicana e visibile fin da subito è il loro pragmatismo infatti iniziano a costruire un grande muro di contenimento e tutta una serie di terrazzamenti per contenere una collina che risultava cedevole creando problemi di smottamento.

Non solo, perchè iniziano ad utilizzare l’acqua Sulfurea per scopi utilitaristici e la più recente indagine interpretativa che viene proposta dagli archeologi prevede la lettura di questo Sito come una “Mansio”, ovvero una “Stazione di Posta” vicina a queste due grandi arterie consolari dove i viaggiatori che provenivano da Roma e che dovevano attraversare il Fiume Paglia, vi effettuavano una tappa per usufruire degli Impianti Termali.

L’interpretazione di “Mansio” inizia così a catalizzare l’attenzione da parte del mondo della critica in modo sempre più consistente.

Ma non solo, perché ad avvalorare questa tesi per il Sito di Coriglia vi è un elemento fulcro.

All’interno infatti della Tavola Peutingeriana, che è una copia di un’antica Mappa Romana del XII – XIII Sec. che mostra le vie stradali dell’Impero Romano e che forniva ai viaggiatori tutte le informazioni rilevanti sulla posizione delle Città più importanti e dei luoghi di sosta ovvero delle Mansio della Rete Stradale dell’Impero Romano, figura la Mansio “AD PALIAM FLUMINEM”.

Tale Stazione di Posta è probabilmente riferita alla Via Traiana Nova e potrebbe trovarsi nei pressi del diruto Ponte sul Paglia sotto Monterubiaglio. Ponte di origini Etrusche e consolidato dai Romani. Siamo a circa cinquecento metri di linea d’aria dal Sito di Coriglia.

A questo punto si auspica che il sito di Coriglia possa divenire la “Mansio ad Paliam Fluminem”. Ad augurarselo è la Dottoressa Silvia Simonetti responsabile degli scavi, accolta dalla consistente speranza nutrita anche in tutti noi.

All’interno del Sito troviamo due Vasche Termali non solo rivestite dal tipico cocciopesto ovvero un materiale di rivestimento idrorepellente ma sono anche caratterizzate da concrezioni calcaree che ci indicano che in questi punti specifici vi erano alloggiati rubinetti, fistole, comunque getti d’acqua prolungati nel tempo.

Queste Vasche Termali erano alimentate da una cisterna voltata a botte anch’essa rivestita da cocciopesto che captava l’Acqua dalla zona ovest dove evidentemente vi era la sorgente.

L’attività della Mansio inizia dal primo secolo fino agli inizi del quarto secolo e al suo termine termina anche l’utilizzo di queste vasche.

Molto interessante è notare come al momento in cui viene abbandonata questa destinazione d’uso, queste vasche iniziano ad essere riempite da materiale di scarto diventando immondezzai, dei veri e propri butti in cui gettare e liberarsi non solo di tutto ciò che si rompeva loro ma anche tutto ciò che reperivano in zona e che non conoscevano e che quindi gettavano via. Sono stati ritrovati moltissimi pesi da telaio dell’Epoca Etrusca.

Nel mondo antico non esistevano certo le nostre discariche così tutto il materiale reperito dagli archeologi diventa pietra miliare d’indagine offrendo un vero e proprio spaccato della vita della fine del quarto secolo, periodo questo in cui iniziano ad essere riempite.

E se nel periodo tardo antico vengono utilizzate come immondezzai nel periodo medievale vengono utilizzate invece come luoghi di lavoro.

Troviamo infatti a questo proposito dei pozzi probabilmente utilizzati per la lavorazione delle pelli e nei quali è stata rinvenuta molta ceramica dell’epoca.

Ma di grande interesse è senza dubbio il saggio A così identificato dagli archeologi perché costituisce la prima delle vasche ad essere stata costruita, molto importante perché qui vi era l’Ingresso all’Insediamento.

In questo punto del Sito di Coriglia ci troviamo davanti a due Strade diverse di accesso alla Mansio e di diverso livello cronologico. Queste rappresentano dei dverticoli che dovevano distaccarsi dalle arterie principali per giungere all’interno dell’Insediamento.

Abbiamo una Via più antica di primo secolo formata da ciottoli fluviali chiamata anche glareata che però nel tempo viene rialzata e spostata.

La seconda Via di accesso tardo antica è posta superiormente a questa ed è molto più tarda, probabilmente di terzo, quarto secolo.

Ciò che si evince di importantissimo da questa breve analisi è che abbiano voluto continuare a costruire delle vie di accesso proprio perché questo significava che il Sito era conosciuto e frequentato dall’età augustea fino al quarto secolo.

Un’ambiguità architettonica emersa su cui ragionare è che la strada sottostante sembrerebbe esser stata abbandonata per gettarne completamente al di sopra un’altra e questo modus operandi è piuttosto disatteso dal popolo romano facendoci anche capire che la scelta di questo punto come punto di accesso al Sito era una scelta obbligata.

Tutto questo sembra esser spiegato tuttavia dal problema dell’impaludamento che doveva essere ovviato proprio per questo rialzano la strada di sessanta centimetri.

Ci troviamo di fronte a due tracciati stradali sovrapposti e molto ben conservati.

Incredibile è constatare come sotto l’acciottolato della strada esista una perfetta sezione stratigrafica esposta.

Abbiamo sessanta centimetri di strati preparatori che isolano, drenano e preparano a quello che era il manto stradale sempre caraterizzati da spallette laterali costituite da pietroni più grandi o da delle crepidini ovvero i nostri marciapiedi.

E’ proprio su queste crepidini che sono state ritrovate un grande quantitativo di monete lungo ben sette metri di strada tanto da lasciar pensare che potesse esser esistito un dazio di ingresso.

Ma chi erano i fruitori della Mansio? Erano dignitari del mondo politico, imperiale.

Importante è anche specificare che la Mansio non era aperta a tutti e che si entrava previa presentazione di un documento.

Gli scavi del duemilaventidue hanno portato alla luce un prezioso anello con la scritta “Roma”.

Ma i ritrovamenti non smettono di stupire in quanto è stata reperita proprio nel giugno del duemilaventitrè una moneta di Costantino con la raffigurazione della Lupa che allatta Romolo e Remo e che commemora la Fondazione di Costantinopoli del 330.

Allontanandoci nell’interno del Sito di Coriglia infondo, troviamo murature di contenimento e la recinzione del Sito.

Queste Mansio rappresentando delle tappe di ristoro dai viaggi, dovevno anche fornire autonomia a livello di sussistenza, proprio per questo non manca un magazzino ipogeo al quale si accedeva da una ripida scalinata con una volta a botte crollata già in antico, contenente derrate alimentari.

Analizzando in dettaglio gli Impianti Termali invece, mentre è possibile segnalare esigui ritrovamenti di pavimentazioni in opus signilum, una nuova chicca ci viene offerta dalla presenza di molti Intonaci Dipinti oltre a mosaici di pasta vitrea colorata.

Gli Intonaci Dipinti risalgono al secondo stile pompeiano finale quindi siamo in età augustea ed offrono cifre stilistiche di ottima fattura rimandabili per confronto, alla Casa di Livia sul Palatino.

Questo elemento è importante perché ci fa comprendere come le maestranze che circolarono qui probabilmente provenissero proprio da Roma.

Questi Impianti Termali erano muniti anche di rivestimenti nelle parti lignee dei tetti e questo si riscontra grazie ad abbondanti ritrovamenti di Terrecotte Architettoniche anch’esse di fase augustea.

Al momento in cui la Mansio agli inizi del quarto secolo cessa di esistere ma il Sito continua a rimane in vita cambiando la destinazione d’uso, ecco che tutti gli ambienti presenti sono ormai in rovina ma vengono riutilizzati come ambienti di lavoro.

Soprattutto l’Ultimo degli Ambienti Termali quello più a nord, viene riutilizzato come fornace per mattoni e diventa la prima fornace per mattoni della zona, a pianta rettangolare e coperta da volta a botte.

E' Proprio lungo la fine dello sviluppo interno del Sito che troviamo delle murature di contenimento della collina costruite per via della sua labile stabilità tra cui è presente un contenimento etrusco a secco non toccato dai romani.

Queste opere dovevano fungere sia da contenimento della spinta della collina sia fungere da drenaggio.

Ma dove trascorrevano la notte i nostri Viaggiatori all'interno di una Struttura così bene organizzata? Al momento, dagli Scavi effettuati viene avanzata un'ipotesi interpretativa di pernottamento notturno nel bel mezzo del Sito stesso, utilizzato proprio come una sorta di campeggio ma questo non esclude ovviamente la possibilità di nuovi riscontri futuri. 

Il Sito di Coriglia denota brillantemente come nel periodo tardo antico era molto comune il riutilizzo di ambienti dismessi e si rende una fulgida tetimonianza di come l’utilizzo dell’Acqua si trasformi in base alle Epoche.

Tutti i Reperti rinvenuti presso il Sito Archeologico di Coriglia sono esposti presso il Museo Etnografico del Cotto di Castel Viscardo.

 

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